note a margine [8]

“Fammi essere forte, forte di sonno e di intelligenza e forte di ossa e fibra; fammi imparare, attraverso questa disperazione, a distribuirmi: a sapere dove e a chi dare: a riempire i brevi momenti e le chiacchiere casuali di quell’infuso speciale di devozione e amore che sono le nostre epifanie. A non essere amara. Risparmiamelo il finale, quel finale acido citrico aspro che scorre nelle vene delle donne in gamba e sole.”
— Sylvia Plath – Diari

ordine delle cose [21]

resta una voce che cade a goccia come il tempo in tempesta
iside, sgargiante e violenta trascina la mano fra le gambe
e succhia via il torpore con quegli occhi appestati
che lacerano con unghie laccate anche l’ultima parete della notte
il fango fa di me altro fango ed un nome che alla luce dimentico
indissolubile sfavilla la mano sul muro
in un silenzio sciolto intonaca gli angoli
e civetta il chiavistello con le comari
annerita dai camini svecchiati per l’occasione
io sono una foce maldestra –
un languido sottolingua da piazzare
in quest’inverno che corre la mia schiena

a Sylvia Plath

U1889231

Diari della notte – le voci inquiete [3]

metà

non so come iniziare a darti del lei, una percentuale di disamore mi tira le parole una ad una in un balletto senza eroi, le gambe tremano forte in questo non volerti – il diametro del mio amore ha subito l’evacuazione istantanea, poco prima era una folla – poco dopo mi hanno detto che si trattava di solitudine
mi appresto a darti un addio nella maniera più infallibile – nel semplice gesto appena mosso di una mano, la corteccia di un sentimento che non si avvale del sale di lacrime ma solo di zavorre gettate al largo, calciate via dall’intimità delle carni che non c’è più

E, penzolandomi oltre i paletti dello steccato,
vedo: strade, alberi, soldati sbandati.
Una vecchia contadina, cosparso di sale grosso
mastica e mastica un tozzo di pane nero…

Marina Ivanovna Cvetaeva

le briciole – una dopo l’altra
prudentemente dissanguo il gesto
l’aria è mare controverso – rubato alla luce – tempo da scrollare dagli acquitrini
una memoria senza percorso ma solo altro diluvio regalato al presente
percentuali dopo percentuali si svincolano dalle mie azioni
– creo l’attesa nel mio stesso abito
una cucitura sbiadita dai morsi del silenzio

Attraverso il riquadro di vetro in cima alla porta ho visto un pezzetto di cielo traforato dalle punte nere e aguzze dei pini dall’altro lato della strada. E dietro gli alberi c’era la luna, quasi piena, gialla e luminosa. Di colpo mi sono sentita soffocare. Ero in trappola, con quel quadratino tentatore di notte sopra di me e tutt’intorno, ad avvolgermi in un intimo, soffice abbraccio asfissiante, la calda atmosfera femminile della casa.

Sylvia Plath