al vuoto
che non dice parole
con la sofisticata
stanchezza degli arti
in due
dentro fragilità spezzate
(che sia amore
il bianco dei gigli
pescati dal mare?)
oggi ero in auto.
sulla superstrada.
son stata nel mio vecchio borgo.
ho quasi sperato d’incrociare il suo sguardo.
di ritrovarlo.
magari a lavorare in zona.
di vedere il suo “piccolo”.
dici che ho sbagliato a mandare quel messaggio tanto cattivo e pieno di dolore?
o si meritava ogni singola fottuta parola?
e lui?
lui fa bene a non perdonarmi?
o ha trovato la scappatoia meno difficile?
ed io faccio bene a ripartire? o dovrei fare come 7 anni fa?
non c’è terra
che conosco
un limite che l’occhio
va oltre alla perdita
il peso che la notte
fa in silenzio
sullo scheletro
libero
che allunga parole
nel vuoto
ci resteranno i secoli
nelle ossa
con tutti i rumori
che la memoria non dimentica
scivoleremo oltre
per immergere ogni
fuga
nella polvere di chi
va via
oggi c’è tanta acqua che cola dalle finestre
il cielo mi mostra il cordoglio
è assimilare l’assenza e questo dolore
che tamburella fisso oltre le mani
i nostri agosti erano il verde e il mare
l’odore delle preparazioni e delle risate
tutte assieme nei bicchieri
con le forchette numerate
e il semifreddo nel freezer
c’erano due compleanni
ed era il perfetto innamorare del cielo
che suonava con le parole
e i respiri a spegnere candeline
(auguri mamma. auguri nonna)
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